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Video a cura di Casa Amoris Laetitia

Un luogo unico nel suo genere

L’esperienza di Casa Amoris Laetitia e della Fondazione Angelo Custode.

"Alla morte non ti abitui mai ma la speranza vede l'invisibile"

Clicca per leggere l'articolo di Marco Dell'Oro:

"Sono i bambini a curare noi".
Intervento dott.ssa Celeste Comotti

Il ruolo dell'equipe multidisciplinare è fondamentale, non solo per tutti i bambini di Casa Amoris Laetitia, ma per tutto il mondo delle cure palliative: perché la multidisciplinarità è fatta sì dal medico - che in realtà è un piccolo tassello del puzzle - ma anche dall'infermiere, dall’ OSS, dall'assistente sociale, dall’educatore, dal fisioterapista, dal logopedista, dall'assistente spirituale (il quale ha un ruolo chiave all'interno della nostra struttura), dallo psicologo… Sono tutte professioni diverse che abbiamo riunito in questa equipe, perché nessuno di noi è così bravo come Cecily (Sanders, ndr) che ha preso tre lauree in argomenti così diversi per alcuni versi, e così simili per altri. Quando si riunisce l’Equipe di Casa Amoris Laetitia con tutte le figure professionali bisogna utilizzare la palestra, perché non c’è abbastanza spazio né nello studio medico, né negli uffici dove si fanno le micro equipe… è questo che ci consente di completarci a vicenda, non solo nella cura del bambino, ma nella cura di tutto il nucleo familiare. La chiave (del nostro lavoro) sono tutte queste figure che trasmettono competenze alla famiglia su come prendersi cura del proprio figlio. Spesso, arrivano da noi genitori che sono bravissimi infermieri - perché in ospedale osservano tutto! - e così imparano come si manovra la pompa, come si spegne l'allarme, come si attacca una nutrizione… però hanno il terrore di prendere in braccio il proprio figlio, di cambiarlo, di assisterlo nella quotidianità. Questo avviene perché la disabilità fa paura, fa molta paura, e soprattutto genera il timore di non saper leggere un bisogno del proprio figlio. Tutte le nostre figure professionali insegnano soprattutto come guardare alla disabilità: non si tratta di pensare a cosa il bambino non può fare, ma di guardarlo pensando a cosa può fare. I nostri fisioterapisti e i nostri educatori portano bambini anche con prognosi infausta, persino nelle settimane prima del loro fine vita, in piscina: mettono i bambini in acqua e li fanno giocare. Certamente, la possibilità di fare queste cose si decide 5 minuti prima, in base alle condizioni di salute della giornata: “Com’è oggi la giornata?” Se è buona, possiamo andare in piscina, se è un po' meno buona staremo in stanza. Consentiamo anche al genitore di partecipare a questa attività. Uno dei ricordi più belli che ho di queste possibilità che vengono offerte alle famiglie, è un papà che a distanza di qualche settimana dal fine vita del figlio ci ha guardato e ci ha detto: “Io vi devo ringraziare, perché mai avrei pensato di poter fare un bagno in piscina con mio figlio!” Questo bambino era nato con una patologia gravissima ed è morto a 5 anni, però due mesi prima di morire era in piscina con il suo papà! E il papà, ad oggi, ricorda l'esperienza in Casa Amoris Letitia non per la fatica di avvicinarsi al fine vita di suo figlio, ma per il bello di vivere una quotidianità con lui, vissuto alla luce del: “cosa si può fare”.

"Ti parlano con gli occhi". Testimonianza di Alberto Pinetti

Io non sono medico ma sono volontario e mi pare importante dire cosa stiamo imparando nell'esperienza che stiamo vivendo. Per quel poco che faccio, io sto con i bambini della Casa Amoris laetitia. Quasi tutti non parlano, ma ti guardano, cioè ti parlano con gli occhi, ti parlano col sorriso, ti parlano con la loro presenza e tu sei di fronte a un fatto al quale non sai dare risposta. Ma al tempo stesso io sto vivendo un'esperienza talmente bella con questi bimbi, perché mi rendo conto che è come se ci fosse una presenza, non come se ci fosse ma "c'è" questa presenza di un amore grandissimo da parte loro, la presenza non nostra ma di qualcun altro. E questo mi sembrerebbe molto bello riuscire a suggerirlo anche a chi verrà vedere la Mostra: non so come, perché non è una cosa immediata e uno deve prima di tutto sperimentarlo pian piano e provarlo. Io ho cominciato quasi per caso andando a Messa alla mattina dalle suore di clausura dove celebrava don Alberto Monaci che segue la Casa amoris laetitia e visto che avevo una disponibilità gli ho detto: "Mi piacerebbe fare mezza giornata con questi bambini". Il fatto di mettermi con questi bambini e di raccontargli delle storie che invento io per loro, cercando di raccontare a ciascuno quello che gli piace: gli animali, le fate, le avventure... perché in fondo è solo questo che faccio, non faccio altro. Mi fa partecipare con loro a un affetto grande, al piacere di stargli vicino. C'è Chantal che è bloccata a letto da sempre, è piena di cannucce, e lei ti risponde sì o no solo muovendo un piede o la mano. Quest'estate sono mancato per un periodo di ferie e lei mi aspettava per le storie e come mi ha visto ha cominciato a piangere (solo il pensarlo mi commuove...). Il rapporto con lei è ripreso così, immediatamente, e anche io ero felicissimo come lei. Poi ho dovuto assentarmi un attimo e l'infermiera le ha detto: "Adesso ti chiamo Alberto che ti racconta le storie" e allora lei le ha fatto capire che era felice perché mi aspettava. È nato un rapporto bellissimo anche con un altro bimbo; Elia, caduto dal seggiolone da piccolo: era un bellissimo bambino e ha battuto la testa... spalanca gli occhi, ti ascolta... ama la musica classica. E poi riconoscono la tua voce... tutti hanno un particolare, un qualcosa ... E Bianca: è un amore! È cieca, ma come ti sente riconosce la voce, ti si attacca addosso come un koala , ama la musica vivace... Ognuno ha una sua particolare situazione e mi sembra che sarebbe molto bello se si riuscisse a dire anche a chi verrà a visitare la Mostra cosa può incontrare, cosa può provare, cosa può vivere, stando con questi bambini, come è accaduto a me.

Rsd “Casa Amoris Laetitia”
Carta dei servizi

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